Nasce a Iseo il laboratorio di trasformazione voluto dalla Cooperativa agricola Clarabella.
Tinca, luccio, coregone. O il pescatore li vende subito oppure rischia di svenderli. E’ per superare questo «ricatto» quotidiano che è nata «Agroittica Clarabella». L’obiettivo è valorizzare ciò che i pescatori hanno raccolto dal lago d’Iseo. Ma per farlo bisogna lavorare quei pesci. Ecco quindi l’idea del «Laboratorio di trasformazione ittica» di via Cremignane,
a Iseo. Una sfida, che il consorzio di cooperative sociali «Cascina Clarabella» ha accettato per regolare «i picchi stagionali della pesca», ma anche «per rendere disponibile al mercato prodotti lavorati e confezionati nel più serio rispetto delle norme igienico-sanitarie».
Sono già una quindicina i professionisti che hanno accettato di conferire quanto pescato al laboratorio della cooperativa.
Dal canto suo, il Consorzio Clarabella sa che «Agroittica» si inserisce appieno nella mission della Cooperativa Agricola. Questa onlus — nata nel 2002 per sviluppare attività in campo agricolo e fornire così «opportunità lavorative» per persone che soffrono di disturbi legati alla salute mentale — mira a portare a casa due risultati: difendere la biodiversità del Sebino
(aiutando i pescatori) e valorizzare «le risorse deboli», che sono i ragazzi «fragili». Due di loro troveranno lavoro nel nuovo laboratorio, che garantirà in totale quattro posti. In realtà, l’operazione potrebbe portare vantaggi per molti di più: basti pensare al territorio, ai pescatori che lavorano ogni giorno sul lago d’Iseo, in futuro anche ai ristoranti della zona.
Inizialmente, i trasformati di pesce saranno usati nella cucina «Centottanta», il ristorante di Cascina Clarabella a Corte Franca. In futuro, chissà, molti professionisti dei fornelli potrebbero richiedere i prodotti buoni e «solidali» che sono nati dal progetto di «Agroittica».
E per garantire la continuità di lavoro al laboratorio e ai suoi dipendenti, Clarabella sta realizzando un «allevamento di trote e salmerini a Lodrino», in Val Trompia. Il tutto accanto a una sorgente d’acqua fresca di montagna. Si punta così a «destagionalizzare» la pesca, garantendo a tutti un futuro più stabile.
Articolo di Matteo Trebeschi pubblicato sul Corriere della Sera Ed. Brescia
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