Storia di una impresa sociale tra vino e biometano
Sparse per l’Italia ci sono molte energie: le rinnovabili, quelle verdi, le energie pulite, le energie sociali e quelle psichiche. Ma c’è solo un posto dove stanno tutte insieme: succede in Franciacorta, Brescia, dove il vino compete con lo Champagne. Qui c’è un servizio pubblico di psichiatria che ha imparato dall’esperienza di Franco Basaglia, quello della legge 180. Non usa nessun metodo violento: “non è bene violentare le persone – scrivono – non ha mai aiutato la salute mentale di nessuno essere picchiati o essere legati al letto”. E poi fa attenzione ai farmaci: “bisogna tentare di ridurre la quantità di farmaci che si erogano (…) perché si tratta di strumenti da maneggiare con molta attenzione, rischiosi quand’anche spesso necessari”.
Ed è molto meglio trattare le persone attraverso una relazione intrapersonale, collettiva, sociale che non attraverso gli strumenti chimici”. Meglio “moltiplicare i legami sociali e delle opportunità di vita per aiutare le persone a ritrovare se stesse”.
Nel 1988 Andrea Materzanini, psichiatra, Mimmo Castronuovo, psicologo e molti altri operatori mettono su la cooperativa Isparo (Acronimo di Iseo, Palazzolo, Rovato). Ci lavorano persone che hanno problemi di salute mentale, volontari in servizio civile, persone “normali”. Si fa manutenzione del verde ed i comuni, affidando un appalto, sanno di investire in una macchina sociale che pulisce i prati e fa star bene le persone.
Poi l’idea di trasformare una cascina abbandonata in una comunità insieme di cura e di impresa sociale: Cascina Clarabella. Adesso gestisce 10 ettari di vigneto (il Franciacorta di punta si chiama “180”, come la legge che chiude i manicomi); altri ettari ad ulivi, un agriturismo con 10 appartamenti, spesso in overbooking, e un ristorante che fa pure pranzi di nozze etiche. E un ostello e una rete di appartamenti per la “residenza leggera”: posti dove stare un po’ tranquilli quando si sta male di testa, non si riesce a vivere da soli e in famiglia si litiga di brutto. Il Consorzio Clarabella dà lavoro a più di 200 persone, con contratti regolari che tengono conto della forza e della fragilità delle persone. Il fatturato supera i 5 milioni di euro all’anno, il bilancio sociale – il benessere, la sofferenza ridotta, la libertà di stare con gli altri anche quando si è molto molto “matti” – vale molto di più.
Poi lo sbarco nella green economy, partendo da una domanda: “Cosa ce ne facciamo dei tralci di vite dopo la potatura? O delle vinacce dopo la spremitura? O come trasformare in risorsa le cacche dei polli, con molti allevamenti che rischiano di chiudere perché non sanno come smaltirle? Così Cascina Clarabella attrezza un digestore: entrano deiezioni di polli e altre biomasse, esce biometano che produce energia elettrica ed un ottimo fertilizzante. Adesso un nuovo progetto: un prototipo di microcentrale a digestione anaerobica – senza ossigeno e senza puzze – che trasforma in metano per autotrazione gli scarti alimentari e i pannoloni degli anziani incontinenti. Così le case di riposo non spendono per smaltirli. Ci sono molte energie in giro per l’Italia: quella dei pannoloni riesce a catturarla solo Clarabella. E il 27 settembre c’è la festa della vendemmia.
Dalla rubrica “Italiani brava gente”
di Massimo Cirri e Filippo Solibello, conduttori radio.